Terremoto a L’Aquila: nessun illeso

di Tiziana Pasetti – L’Aquila. Certo che il mondo è strano davvero. E sono strane le cose, tanto. Chi ne aveva mai sentito parlare, di questa città, fino alle 3 e facciamo 40 del 6 aprile 2009?

Nessuno, praticamente. Sola, nascosta, segreta, ricca, sacra e profana. Era così (a sentir dire chi da sempre la vive, almeno). Preziosa, rara.

terremoto

Poi è venuta giù. Sono morte persone; illeso, nessuno. Impossibile guarire da un’esperienza simile. Capisco gli esperti che parlano, gli psichiatri, le previsioni, le terapie. Chiacchiere.

Cambiano le grandi cose e le piccole. Un tempo sui lettini delle mie figlie c’erano madonne con bambini, per proteggere, perché te le hanno regalate per il battesimo e da qualche parte devi metterle; quindi chiodo, martello e, all’occorrenza, preghierina. Oggi la madonna che quella notte è andata in frantumi ha lasciato il posto a due fischietti. La raccomandazione, ogni notte, insieme al bacio: “Nessuna paura, tranquille, e fischiate forte”. Una mia amica che quella notte non l’ha vissuta mi ha detto: “Ma che cosa lugubre, dai! Sei esagerata!”. Nella vita attraversiamo fasi. Prima del 6 aprile avrei riso. Fino a poco tempo fa avrei spiegato. L’altro giorno l’ho solo spedita a quel paese cacciandola di casa.

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Processi. Sentenze che fanno il giro del mondo. Incomprensioni. Superficialità espositiva. Decodifiche aberranti. Lacrime vere e lacrime false. Il Paese è allibito. “Questa storia tutta italiana“, ha detto Riccardo Iacona.

Io all’Aquila ci vivo e ci lavoro. Ci faccio crescere una bambina e un’adolescente (fischiettomunite, non dimenticatelo). L’Aquila la guardo. E quello che vedo non mi piace.

Il prefetto Iurato ride? Grave.

Chi doveva metterci in guardia spiegandoci come si convive e come si affronta il rischio in un territorio altamente sismico non lo ha fatto? Gravissimo.

Le istituzioni sono responsabili di quanto accade nel territorio nazionale. Vero. Devono garantire, nelle situazioni critiche, risposte immediate, competenti, efficaci, non raffazzonate. Verissimo.

Le istituzioni, però, nascono dal basso, dalla ‘base’, si diceva una volta. E quella risata che offende, certo, mi ha ferita molto di più quando l’ho sentita e vista sulle labbra di chi per affittarmi una casa non agibile mi ha chiesto in cambio una rata mensile che neanche a Piazza di Spagna, quasi. Provo orrore quando sento certi proprietari delle case crollate in centro lamentarsi per quello che hanno perso senza rivolgere un pensiero ai ragazzi universitari che le abitavano e ai quali le avevano affittate in condizioni indecenti a cifre spropositate. Intere categorie professionali stanno ridendo come mai in vita loro, forti di intrallazzi trasversali legati alla ricostruzione. Il lavoro nero, sottopagato, senza alcuna garanzia, impazza.

L’Aquila non è le risate della Iurato, il tentativo di difesa di sette scienziati, la passerella di attori e politicanti, non è un concerto e non è un motivetto orecchiabile; L’Aquila non è un servizio su un tg satirico e non è una “storia tutta italiana”.

L’Aquila non può essere l’attesa quotidiana di uno scoop più o meno potente da far rimbalzare di social in social accompagnandolo con improperi e commenti vari ma in realtà tutti omologati e ‘dovuti’.

L’Aquila E’ un evento naturale devastante. L’Aquila E’ incapacità di reazione locale e mentale prima ancora che nazionale.

L’Aquila, per assurdo, si ricostruisce se si smette di pensare ai soldi. L’Aquila si ricostruisce con le mani, con la fatica, con le intenzioni, con la cultura, con i progetti. Quasi in ultimo, con la politica.


Questo articolo è stato pubblicato su Vanity Fair (versione on line) il 22 gennaio 2013

http://blog.vanityfair.it/2013/01/un-pensiero-per-laquila-da-ricostruire/#more-13262