L’Aquila. Sulle nostre mani nuove linee della vita, nuove linee dell’amore

di Tiziana Pasetti (l’articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Messaggero nella mia rubrica Anno X) – Ci sono momenti e storie che vanno narrati sottovoce, ci sono gli attimi scomodi e bellissimi di un tempo che ha scosso migliaia di esistenze. Un terremoto è narrazione ardua, epica, biblica: c’è l’apocalisse e poi una strada lunga, mai rettilinea, verso una nuova genesi. Miracoli e assenze di assoluzioni, pene capitali, coriandoli che si scambiano per manna, risvegli stonati. Tante volte ci sono state albe di rimpianti, orizzonti nuovi e vuoti di forme, di ossa.

Ha la forza della folgore, la perdita di una città; ha lo sguardo di un vampiro, il sapore al fiele dei rigurgiti del passato. Ha il fascino dei luoghi di confine, dei luoghi ponte, delle trincee. È bello respirare a pieni polmoni il sottobosco, l’underground, le note rock che hanno accompagnato le nostre (r)esistenze. È liberatorio, oggi, raccontare l’energia che si sprigiona nei luoghi che cercano un nuovo equilibrio, un’energia che si scontra con la necessità del lutto, la richiesta del nero, il richiamo della morte.

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ph: Tiziana Pasetti

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L’Aquila, 6 aprile 2019, tutti al nastro di partenza. Ready, set…go!

di Tiziana Pasetti (l’articolo è stato pubblicato venerdì 22 febbraio 2019 sul quotidiano Il Messaggero nella mia rubrica Anno X) – Sono, questi, i giorni peggiori. Al 6 aprile manca davvero poco e quello di quest’anno non sarà un 6 aprile come tutti gli altri, sarà il più importante, quello dell’anniversario globale, l’unico amplificato mediaticamente dalle Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno. Poi non sarà forse il silenzio, non sarà l’oblìo, ma quasi. Per i giornalisti sono giorni da incubo: riunioni su riunioni per decidere il Grande Titolo, almeno un articolo riassuntivo di quanto accadde quella notte, almeno un articolo corroborante e speranzoso (anche se quasi sempre accompagnato da mugugni e scuotimenti di testa di chi riceve il mandato dal direttore: la deontologia ci indica infatti di perseguire la verità dei fatti), almeno un articolo ad un geologo per avere il polso del terremoto oggi nel capoluogo e dintorni (tradotto: “non importa la verità nuda e cruda, diluiscila, ricoprila di zucchero o miele, dicci che possiamo stare tranquilli e va bene così”), almeno un articolo che contenga la frase delle frasi: “L’Aquila bella me te vojo revede’ com’eri dov’eri immota manet ritorneremo a volare abruzzesi forti e gentili”.

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Ph: Tiziana Pasetti (L’Aquila, Scuola De Amicis)

 

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L’Aquila, Vittorio Sconci: “Se continuiamo così il peggio deve ancora arrivare”

di Tiziana Pasetti (l’articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Messaggero all’interno della mia rubrica Anno X)  – “Il terremoto, come ogni grande catastrofe, naturale o meno, richiede un unico bisogno: essere pronti alla ricostruzione. Ma questo bisogno deve nascere dentro. Deve essere avvertito come una necessità, non come una fatica”. Era il marzo del 2010 e a pronunciare queste parole, tratte da una intervista che pubblicai allora sull’edizione cartacea de Il Capoluogo, era Vittorio Sconci, in quel tempo alla guida del Dipartimento di Igiene Mentale dell’Aquila. “Quello che è accaduto deve essere di insegnamento. Quella di questa città è un’esperienza che deve avere un valore propedeutico. Dobbiamo attivarci, tutti, per fare in modo che si possa creare un sistema città in grado di non provocare morti. Ormai le dietrologie, le lacrime, non servono a niente. Bisogna pensare in prospettiva. Bisogna dare vita ad una cultura nuova, perché se questa vita non la dotiamo di senso quella che ci aspetta è solo un’esistenza misera”, continuava Sconci, riferendosi ad una esperienza ‘vecchia’ poco più di un anno, “Una cultura anti-sismica. Per questa dobbiamo batterci. Per i nostri figli, per i nostri nipoti. Per noi stessi, per dotare di senso quanto sta accadendo. Rischiamo di ricostruire senza cultura e questo porterà ad un aumento dei disagi sociali. Una urbanizzazione senza logica, senza anima, senza scientificità, è un grande rischio. Le persone, subito dopo il trauma, hanno retto. Si sono attivate. Poi sono state deresponsabilizzate, viziate, coccolate. No. Le persone devono essere attive. Responsabili. Protagoniste. La soluzione c’è. La soluzione è una modalità. Scientifica. E ha un nome: ricostruzione partecipata. In questa modalità le persone orientano le proprie scelte nell’ambito di discussioni paritarie tra le parti sociali, quelle politiche e quelle tecniche. Nella vita le cose serie non si possono e non si devono banalizzare. Bisogna percepire la complessità. Accettarla. Imparare a gestirla”.

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L’Aquila e il suo centro città tra meteore e Anime Belle

di Tiziana Pasetti (l’articolo è stato pubblicato giovedì 31 gennaio sul quotidiano Il Messaggero nella mia rubrica Anno X con il titolo “Quei quattro vecchi amici al bar con la voglia di cambiare il mondo”) – Quando non è domenica in centro città, di mattina, si incontrano soprattutto operai. Le scuole sono fuori le mura, la maggior parte degli uffici e dei negozi anche e le abitazioni, quelle riconsegnate dopo la ristrutturazione o ricostruzione, ancora quasi tutte vuote.

È in questo tempo che L’Aquila mostra il suo vero volto, quello che quasi nessuno osserva a causa e grazie al suo essere altrove (a lavoro o in casa o a fare la spesa, tutte attività non momentaneamente – da dieci anni – localizzabili nella splendida e amata città che tutti accarezziamo e riempiamo di like nel formato jpeg dalle migliaia di calde e partecipate condivisioni online): il vuoto. O quasi.

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